#freeAsliErdogan:la coscienza sotto giudizio
Asli Erdogan è una scrittrice, giornalista e attivista, una delle più importanti rappresentanti della letteratura turca contemporanea. Il cognome è lo stesso del Presidente della Turchia, ma il suo palazzo, dal 19 agosto, circa un mese dopo il fallito golpe del 15 luglio, è in una cella del carcere femminile di Bakirköy a Istanbul. Da consulente editoriale del quotidiano Özgür Gündem, la Erdogan si è ritrovata ad aspettare «un treno di cui non conosco l’orario, tra la folla, al freddo». Queste sono le parole con cui la scrittrice ha descritto la sua situazione in un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera il 9 dicembre, realizzata grazie all’intermediazione dell’avvocato Erdal Dogan.
Il quotidiano Özgür Gündem (Agenda Libera), per cui lavorava Asli Erdogan, è stato indicato dal governo come organo del Pkk, il partito curdo illegale. È la prima volta in Turchia che un organo di stampa viene dichiarato affiliato a un’organizzazione terroristica. Nonostante la legge sulla stampa dichiari in modo netto che i consulenti non sono responsabili giuridicamente per la linea e i contenuti del giornale, Asli Erdogan è stata arrestata insieme ad altri venti, fra giornalisti ed editori, con l’accusa di propaganda terroristica e ora rischia l’ergastolo.
“Non solo la libertà di pensiero, ma anche la coscienza è stata messa sotto giudizio”
«Negli ultimi quattro mesi sono state arrestate 40mila persone con l’accusa di appartenenza a organizzazione terroristica – afferma la Erdogan nell’intervista realizzata dal Corriere della Sera — circa 150 “giornalisti” sono in carcere, tra questi scrittori, linguisti, professori di economia. Sono stati chiusi 150—200 organi di stampa e case editrici».
Un arresto politico e la condanna a “ergastolo aggravato” a seguito dell’accusa di “disgregare l’unità e l’integrità dello Stato” ed “essere membro di un’organizzazione terroristica”. Nonostante le sue delicate condizioni di salute, la Erdogan è ancora reclusa in prigione e le petizioni per un processo senza arresto sono state ripetutamente rifiutate.
«Siamo stati messi dentro con un ordine dall’alto, con accuse vuote, senza raziocinio. L’unico modo per venirne fuori è la pressione politica dell’Europa. Naturalmente i leader politici non considerano un problema prioritario la crisi della democrazia in Turchia. L’accordo sui migranti ha messo a tacere l’Europa! Ecco la responsabilità che ricade sugli intellettuali, gli scrittori, i giornalisti è grande: dobbiamo ricordare all’Europa i valori che fanno di essa l’Europa, e pretenderli”.
La situazione si fa ogni giorno più estrema per la scrittrice, i cui libri sono stati tradotti in 17 lingue. In Turchia e in Europa ha vinto importanti premi letterari, è stata candidata come una dei “50 scrittori del futuro” in un’inchiesta della rivista francese Lire per determinare gli scrittori che avrebbero segnato il ventunesimo secolo. Recentemente ha vinto il premio Tucholsky presentato dal PEN svedese mentre era in prigione.
“L’unico modo per venirne fuori è la pressione politica dell’Europa”
La Erdogan, prima di dedicarsi alla letteratura lavorava come fisico al CERN, l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare. Ha cominciato a scrivere e ha abbandonato la fisica mentre era in Brasile, lavorando alla propria carriera accademica. Oggetto delle sue storie è sempre stata una donna collettiva ferita, che racconta con un intenso linguaggio letterario agonizzante, fortissimo.
Nel romanzo di Asli Erdogan
Anche nel cuore dell’Europa posso riconoscere da uno sguardo le donne del Medio Oriente. Mai guadagnata la nostra autostima, il nostro orgoglio è pieno di cicatrici quanto Rasputin. Il portamento delle donne occidentali non ha esempi da noi. Ecco, i miei primi mesi in Europa li ho passati a scoprire queste cose, in breve a leggere la fattura di ciò che la società dov’ero nata e cresciuta mi stava facendo pagare. Sta di fatto che un giorno, vedere la foto di Istanbul su una boccetta di colonia al limone del Bosforo capitatami in mano non so come, ha cambiato ogni cosa. Fissando le acque eccessivamente blu del disegno largo due dita, le linee del vapore della città disegnata male da far torcere le interiora, mi sono messa a piangere. Era questo il mio primo incontro con la “nostalgia di Paese”, quel sentimento chiamato così da chi, ridendo sotto i baffi lo sminuisce, e da chi, con un senso di superiorità, umilia lo “straniero” per aver utilizzato quella vecchia espressione. Il primo incontro ravvicinato con il lato turco della mia personalità. Per quanto sembri superficiale e banale, in modo semplice, essenziale e diretto mi mancava Istanbul, la mia lingua, la mia terra, la mia gente.
Brano tratto da Il madarino meraviglioso, traduzione di Giulia Ansaldo, Keller editore.
Tempo di Libri per Asli Ergodan
Tempo di Libri ha dedicato a lei una lettera del suo alfabeto, la D di Dissidente e vuole sostenerne il coraggio e la forza con una speciale anteprima il 12 gennaio a Milano: la lettura di brani tratti dal suo libro Il mandarino meraviglioso, grazie alla partecipazione di Silvia Ballestra, Helena Janeczek, Federica Manzon, Alessandro Bertante, Alessandro Mari e Marco Missiroli che ne firmeranno anche le copie, così come hanno fatto gli scrittori turchi nell’ultima fiera dell’editoria di Istanbul.
Pinar Selek, sociologa, femminista—antimilitarista e attivista per la pace, una delle figure più rappresentative della Turchia, renderà omaggio all’opera della scrittrice Asli Erdogan riflettendo sulla libertà di pensiero, libertà di opinione e libertà di pubblicazione.
Pinar Selek sa bene cosa voglia dire essere accusata di “terrorismo”: in Turchia ha trascorso due anni e mezzo in prigione e altri 11 anni nelle aule di quei tribunali che poi l’hanno sempre assolta. Per difendersi da questi attacchi la Selek si è fatta scudo con parole quali conoscenza e libertà, senza mai smettere di lavorare e condividere le sue opere con il pubblico. Tanto la sua vita privata quanto la sua attività pubblica sono state modellate secondo il suo motto: “La vita è l’attività accademica più importante”.
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